Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.
– Charles Darwin
Darwin aveva ragione. Non solo sulle specie ma anche sul software e le organizzazioni. Viviamo in un mondo complesso con cambiamenti continui e fenomeni imprevedibili a intervalli non regolari. Nel XIX secolo c’è stata la rivoluzione industriale che ha marcato il modo di fare business per tutto il secolo successivo quando le aziende si sono focalizzate sui processi, la produttività e l’efficienza. Poi Internet, la diffusione delle reti sociali e tutti gli altri avanzamenti in informatica hanno di nuovo messo in discussione il modo di fare business. Ormai siamo in una nuova era che si chiama società digitale in cui si avvicinano le persone, le aziende e le cose “intelligenti”. Fare business e fare informatica hanno una distinzione sempre meno evidente. Tutto sta diventando digitale e intelligente: i sensori, le macchine, le applicazioni, i servizi, le cose (IoT) sono in una continua riconfigurazione secondo il contesto in cui si trovano.
Quindi ci troviamo in una società digitale che ha un altro ritmo di cambiamento e questo ritmo è molto più veloce rispetto al passato. In altre parole, per la famosa sopravvivenza a cui si riferisce Darwin, le organizzazioni hanno bisogno di più flessibilità e più capacità di affrontare le incertezze.
Ma come?
Ritorno alle origini
“Noi non cesseremo l’esplorazione, e la fine di tutto il nostro esplorare sarà giungere laddove noi siamo partiti e conoscere quel posto per la prima volta.”
– Thomas Stearns Eliot
È da tanto tempo che usiamo il metodo analitico per capire le cose in ogni loro dettaglio. Siamo diventati specialistici di qualsiasi cosa. Il nostro punto di partenza era la facilitazione della comprensione dei grandi fenomeni dividendoli in piccoli pezzi. Invece ora, come dice anche il grande poeta Thomas Stearns Eliot, è arrivato il momento di rimettere i pezzi insieme e tornare al punto di partenza con tutte le conoscenze che abbiamo accumulato. In altre parole, è ora di sfruttare il pensiero sistemico perché l’insieme della capacità di fare analisi e della capacità di vedere e creare relazioni nuove tra le persone, le cose e i concetti permette di avere una visione globale superiore e acquisire un vantaggio competitivo rispetto a chi non lo fa.
Relazioni e partnership
Non temere che ti rubino le idee. Se si tratta di buone idee, devi darle in pasto alla gente!”
– Howard Aiken
Aiken, l’inventore di uno dei primi computer, Mark 1, aveva capito anni fa l’importanza di diffondere e condividere buone idee. L’innovazione trova il suo spazio per crescere grazie alla sua diffusione in una rete di relazioni strategiche.
Infatti da quando sono nate le reti sociali è diventata più evidente l’importanza delle relazioni. Dalla combinazione dell’utilizzo delle tecnologie esponenziali e orientamento alle reti di relazioni è nata l’organizzazione esponenziale. Aziende come Google, Airbnb, Amazon si fondano sull’utilizzo di tecnologie acceleranti come Internet e l’intelligenza artificiale e sulla collaborazione e la partnership con vari stakeholder, incluso l’utente finale. I tempi sono cambiati: vince la collaborazione piuttosto che la competizione, le buone idee sono da diffondere piuttosto che da nascondere. Anzi, più partnership abbiamo, meglio siamo inseriti nel nostro ecosistema e possiamo ottenere più competenze complementari (situazioni win-win).
Stare in equilibrio e molteplicità
In tutte le scienze naturali c’è un fenomeno collegato con il concetto di equilibrio:
- legge di conservazione della quantità di moto in fisica: per ogni forza che un corpo A esercita su di un altro corpo B, ne esiste istantaneamente un’altra uguale in modulo e direzione, ma opposta in verso, causata dal corpo B che agisce sul corpo A.
- principio di Le Châtelier in chimica: è un principio di termodinamica, secondo il quale ogni sistema tende a reagire ad una perturbazione che viene dall’esterno minimizzando i suoi effetti.
- omeostasi in biologia: è la tendenza al raggiungimento di una stabilità per autoregolare la vita di un organismo davanti alle condizioni esterne.
Anche per un’organizzazione è importante sapersi muovere e regolare rispetto al contesto nel quale è inserita. Per favorire equilibrio, se la complessità esterna dell’azienda è alta, anche la complessità all’interno dell’azienda deve essere alta. Però attenzione! Questo non vuol dire introdurre numerose regole e processi. Anzi, in quel caso, tutto sarebbe a rischio di crollo per una complicazione eccessiva che introdurrebbe solo burocrazia inutile piuttosto che una sana complessità. Invece, si può aumentare la complessità di un’organizzazione lavorando sulla molteplicità: variare le esperienze, favorire contesti multidisciplinari, integrare diverse culture e provenienze delle persone, curare gli spazi per la creatività e la libera espressione delle opinioni
Il fare con una nuova mente
Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo; coinvolgimi e io imparo.
– Benjamin Franklin
La nostra mente è abituata a pensare, immaginare e produrre parole, però tante parole, magari in molti casi anche troppe. Che dire? Benjamin Franklin lo riassume in un modo molto chiaro: noi impariamo quando siamo coinvolti, quando facciamo qualcosa. Ecco proprio per questo, quando si parla della formazione aziendale, ci vogliono meno letture ma più esperimenti e meno corsi ma più workshop.
E invece con la nostra mente che facciamo? Non è più valida la vecchia mentalità che premiava il collaboratore più bravo, più competitivo e più efficiente. Nemmeno essere super specializzato in qualcosa conta molto. Non è più una questione di prestazione ma di allineamento con il contesto dinamico. Serve una nuova mentalità:
- Sospensione del giudizio davanti al fallimento: con la paura del fallimento non si può esplorare ciò che è sconosciuto. Le persone esperimentano nuove cose e spingono l’innovazione solo se si sentono sicure e libere dal giudizio: i fallimenti non sono semplicemente i tempi e le risorse buttati via perché si impara, si accumula conoscenza quando si fallisce.
- Apertura per migliorare le relazioni: non è solo questione di avere relazioni e partnership e quante sono ma anche è questione di qualità di queste relazioni. Siamo capaci di ascoltare e capire i punti di vista altrui senza aggrapparci alle nostre idee? Siamo capaci di dare un feedback costruttivo invece di critiche che non servono se non per lamentarsi inutilmente?
- Stacco dalla zona di comfort: le esperienze ci segnano, anzi siamo il risultato delle nostre esperienze. Tuttavia ci creano anche la nostra zona di comfort in cui stiamo proprio bene e la difendiamo a tutti i costi come se fosse un castello. Al contrario, il progresso ha bisogno di cambiamento e il cambiamento ha bisogno di slegarsi dalla zona di comfort.
Conclusione
A suo tempo Picasso aveva detto: “I computer sono inutili. Ti sanno dare solo risposte.” Invece è da un bel po’ che i computer ci spingono a fare nuove domande e purtroppo questa volta tocca a noi rispondere.
Benvenuti nella società digitale e buona navigazione nel suo mare mosso.