Gli operai che marciano pacificamente verso un futuro migliore: il novecento italiano si apre, in termini artistici, con una riflessione importante sull’evoluzione della società. La stessa riflessione potrebbe essere fatta pensando all’industria 4.0 e ai possibili impatti che potrebbe avere sulla figura dell’operaio.
L’operaio oggi
Nell’immaginario collettivo, ma anche per l’ISTAT, l’operaio è una persona con una istruzione medio bassa che svolge operazioni ripetitive. Un’immagine non proprio felice se si pensa che grazie alle nuove tecnologie molti lavori saranno automatizzabili o virtualizzabili.
Eppure c’è già chi si immagina “l’operaio aumentato”, cioè un lavoratore propositivo e partecipativo. Caratteristiche che normalmente vediamo associate ad altri tipi di lavoratori su cui si fanno molti investimenti, tanto da delineare un trend chiamato il nuovo mondo del lavoro, fatto di smartworking, coworking, welfare aziendale, employer branding, coaching, fiducia e responsabilità condivisa…
Perché le aziende investono sul nuovo mondo del lavoro?
Un lavoratore che partecipa attivamente allo sviluppo dell’azienda è molto più produttivo degli altri e costa molto meno in termini di controllo e gestione.
Purtroppo le statistiche dicono che i lavoratori in queste condizioni sono solo il 33%.
In passato gli imprenditori potevano ignorare il problema perché i margini erano tali da potersi permettere questa inefficienza, ma ora la situazione è radicalmente cambiata.
Per essere competitive le aziende cercano di avere pochi dipendenti, e quindi investono sull’automazione, ma molto produttivi, e quindi investono sul nuovo mondo del lavoro.
La tentazione di trascurare gli operai
Le aziende si chiederanno se ha senso investire anche per gli operai. Io credo che sarebbe un errore strategico pensare solo in termini di automazione.
Se si hanno pochi operai e grandi strutture, si rischia di non avere ridondanza e ogni inefficienza (come l’assenteismo) ha forti ripercussioni sulla produttività dell’intero impianto.
Inoltre, se il numero di operai si riduce allora anche le strutture di controllo vanno ridotte e quindi sarà necessario avere persone più impegnate e coinvolte per ottenere buoni risultati.
Di seguito riporto alcuni esempi che a mio parere possono aiutare ad immaginare le industrie del futuro.
Operai e coworking
Ho la fortuna di avere un piccolo laboratorio artigiano, nel quale è facile vedere i clienti che si siedono insieme ai miei operai direttamente sul posto di lavoro per studiare insieme a loro nuove soluzioni.
Arrivano designer, stilisti, imprenditori e chiunque sia utile a definire il progetto su cui si vuole lavorare.
Ovviamente stiamo parlando di produzioni a tiratura limitata, eseguite normalmente dagli operai che hanno fatto anche lo studio del prodotto, però credo che sia uno scenario ripetibile anche altrove.
I punti critici che stiamo affrontando per supportare questo modello sono diversi:
- Valorizzazione degli operai di fronte al cliente: le barriere ideologiche sono forti da entrambi i lati
- Formazione che faccia attenzione anche al linguaggio, alla cultura e al modo di porsi degli operai
- Criticità della job rotation: anche il cliente frena sul cambio di interlocutore
- Selezione dei candidati che passi anche attraverso gli operai per avere un loro feedback
- Maggior rischio di spionaggio industriale
- Qualche difficoltà nel gestire le presenze nell’area produttiva
Operai e smartworking
Lo smartworking sarà probabilmente molto diverso in fabbrica rispetto all’ufficio.
La fabbrica rimane un punto centrale anche nell’industria 4.0 e difficilmente gli operai se ne potranno allontanare, tuttavia avranno a disposizione la rete per poter comunicare direttamente con l’esterno.
Sempre nel mio piccolo laboratorio, la produzione è in costante contatto con il cliente: si inviano da smartphone le foto dei prototipi o di quei pezzi che hanno delle imperfezioni per capire come risolvere i problemi insieme. Hanno una chat per ogni cliente e si scambiano informazioni o richieste di cambiamenti in corso d’opera.
Il problema è mantenere comunque un’organizzazione coerente e una interfaccia chiara con il cliente.
L’operaio dell’industria 4.0
Sono convinto che le nuove tecnologie aiuteranno moltissimo a ridurre la distanza tra operai (sempre più creativi) e imprenditori (sempre più finanziatori di idee), probabilmente a scapito dei ruoli burocratici interni.
In un mondo in cui gli operai non siano dei meri esecutori ma persone con istruzione universitaria e grandi capacità tecniche e organizzative, trovo poco utile la presenza dei livelli di controllo a favore di una maggiore fiducia e di una responsabilità condivisa, per cui se nei primi anni di industria 4.0 i “colletti blu” avranno delle difficoltà, a causa della forte automazione, penso che a lungo andare saranno soprattutto i “colletti bianchi” a soffrire la crisi più duratura.
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