«È un fatto importante, ancorché comunemente noto, che le apparenze molto spesso ingannano. Per esempio, sul pianeta terra, l’uomo ha sempre pensato di essere la specie più intelligente del pianeta, quando invece era la terza. Secondi in ordine di intelligenza: i delfini, i quali, alquanto singolarmente, erano a conoscenza da tempo dell’imminente distruzione del pianeta terra. Avevano tentato più volte di avvertire l’umanità del pericolo, ma i loro segnali venivano interpretati come simpatici tentativi di colpire il pallone o fischi per ottenere succulenti bocconcini. Così alla fine decisero di lasciare la terra coi loro mezzi. L’ultimo messaggio in assoluto venne interpretato come un incredibilmente sofisticato tentativo di doppio salto mortale rovesciato nel cerchio fischiando l’inno americano, ma in realtà il messaggio era questo: “addio e grazie per tutto il pesce”.»
Douglas Adams, La guida galattica per autostoppisti
Da quando ho iniziato a lavorare non ho mai avuto dubbi che Imola Informatica fosse un posto speciale. Lo è stato ancora prima che iniziassi a lavorare, quando decisi di fare una tesi con loro sui database a grafo ed ebbi la fortuna di avere un bravissimo relatore e un simpatico compagno di tesi. Perché Imola Informatica in un certo senso va contro la logica e può succedere che il tuo co-tesista sia una persona che lavora già da svariati anni e cerchi di spiegarti perché invece di fare 40 righe di codice custom sia interessante provare a mixare 3 tecnologie open source di cui tu non hai mai sentito parlare, ma che fingi di conoscere, perché andiamo: chi vuole passare per quello che non sa cosa sia Rexster?
Succede così che anche se fino a quel momento hai sempre pensato di andare a Milano ed entrare in una grande società, cominci a vedere come un’azienda un po’ più piccola ti riesca a dare tanto di più.
Lo vedi nelle discussioni alla macchinetta del caffè, dove sembra che tutti siano sempre allineati su quello che fanno gli altri e dove nascono idee (a volte anche disastrose, intendiamoci!) e si prendono appuntamenti per vedere cose nuove, chiedere un aiuto o semplicemente ritagliarsi un momento per capire cosa si può fare di nuovo.
Lo vedi nelle trasferte, nei miei primi anni molto frequenti: un po’ ti fanno paura all’inizio perché essere assunto da 3 mesi e ritrovarsi 4 giorni a settimana a Sondrio insieme a persone che fino a quel momento hai visto sì e no una volta ogni tanto a Imola non era esattamente il piano iniziale; ma scopri che in trasferta non ci sono egoismo e competizione, ma un bellissimo spirito di gruppo, che ti porta a condividere momenti lavorativi e non, parlando di te, del tuo lavoro o semplicemente di vita.
Lo vedi nelle occasioni che ti vengono date crescendo: le possibilità di provare cose nuove, la fiducia nelle tue prime esperienze di lavoro in un team, i rimproveri per non aver fatto affidamento sugli altri e la gratificazione collettiva, perché sempre insieme si fanno le cose, quando qualcosa va bene. E così mentre sei in trasferta con altre 8-10 persone cominci a vedere cose nuove non solo tecniche, ma soprattutto cominci a confrontarti con ambienti di lavoro complessi, con dinamiche interne al gruppo di lavoro e molte volte con la psiche dei tuoi stessi colleghi e dei tuoi clienti. E non nego che farlo ti fa sentire un po’ più grande di quello che realmente sei: ma va bene così, perché inconsapevolmente diventa un circolo virtuoso di autostima e fiducia.
Lo vedi nelle opportunità che hai di cambiare, perché il lavoro non diventi mai noioso e perché tu ti possa veramente mettere alla prova con quello che desideri. Nel mio caso era la gestione dei progetti e ho avuto la fortuna di lavorare con persone con molta più esperienza di me che mi hanno tolto la tastiera di mano e mi hanno costretto a usare altre cose: l’arguzia, la psicologia, il mio tempo in maniera saggia. E in questi anni ho capito ancora di più che non ero solo “l’ultima ruota del carro”, ma un ingranaggio in qualcosa di più grande e che altre persone, come avevo fatto io, guardavano a me e cominciavano a chiedermi cose. E non ricordo una sola volta di aver visto negli occhi di un mio collega la paura di essere superato o di essere messo da parte se con un suo consiglio qualcuno faceva meglio di lui.
Poi succedono anche altre cose e sono così tante che non basterebbe questo piccolo articolo per raccontarle: le trasferte internazionali dove hai la possibilità di vedere come lavorano all’estero, le fiere e gli eventi a cui partecipi e alle quali presenzi, gli aperitivi del dopo lavoro, i coderDojo, i lunch & learn e il continuo sentire di potersi misurare con qualcosa di nuovo, se solo lo si cerca e si ha il coraggio di chiedere.
E allora cosa può andare storto?
Niente. Realmente niente. Ma così come da consulente ho fatto i miei passi e sono arrivato a maturare e a ricoprire ruoli diversi, ora nella vita sento che è arrivato il momento di cambiare ruolo e levarmi i panni del consulente. Perché un giorno mentre sei lì che fai stime per un progetto da approntare nei prossimi mesi e riguardi un’analisi architetturale, la tua testa non c’è realmente: è rimasta a pensare a quello che hai fatto negli scorsi mesi e che adesso non ti compete più e non sai come evolverà. I tuoi suggerimenti saranno stati recepiti? Qualcuno si batterà per portare l’innovazione che speravi di far arrivare con quel progetto? O magari nel frattempo è stato abbandonato e cestinato?
Ecco, mi sono accorto che passavo sempre più tempo a chiedermi queste cose e sempre più tempo a convincere i clienti che in un determinato progetto potevano rischiare perché quella scelta avrebbe dato i propri frutti. E alla fine ho deciso di provare a essere io il cliente: provare a decidere io cosa fare per un determinato progetto, seguirlo e difenderlo, curarlo e inveire contro di esso.
Sarà una strada lunga probabilmente e chiaramente molte cose potrebbero andare storte in questo nuovo viaggio.
Il dottor King diceva “Fate il primo passo con fiducia. Non è necessario vedere tutta la scala, basta salire il primo gradino”.
Per questo oggi vi annuncio che dopo 7 anni lascio Imola Informatica e auguro a tutti di avere la fortuna di poter vivere quello che io ho vissuto.
Questo è il mio primo gradino.