Dimmi che non vai in ferie, senza dirmi che non vai in ferie

È un caldissimo pomeriggio di luglio, quelli in cui la capacità di lavorare ed essere produttivi è annientata dal sudore che incolla le dita sulla tastiera del computer. Avrei l’aria condizionata ma allungarsi verso il telecomando è un’azione troppo complessa. Accanto a me il telefono mi guarda con la faccia di Luca. Capisco che mi sta chiamando e per fortuna ho le cuffie già nelle orecchie, altrimenti non avrei risposto, è troppo lontano.

“Ciao Stefano, hai preparato i business case per Luca?”
Panico.
No, non l’ho fatto. Inoltre ci sono già troppi Luca in questo progetto. Per aumentare l’entropia chiamo un altro Luca, detto il Santo per tutte le volte che l’ho coinvolto all’ultimo secondo per salvare una situazione. Nelle call successive deciderò di non usare i cognomi ma solo i nomi per farli sentire in colpa di chiamarsi tutti Luca.

Hey Luca
“Dimmi”
Non tu, l’altro
“Io?”
No!”
Bellissimo.

In realtà il progetto è molto interessante, lavorare con la Summer School EIT Digital è un’occasione più unica che rara: entri in contatto con ragazzi e professori provenienti da tutto il mondo e, soprattutto, impari che quello è il futuro. Impari ad ascoltare, impari che chi è più giovane di te ha spesso idee dirompenti e una visione del mondo che tu non puoi avere, avendo vissuto una realtà differente. Impari a integrare e a capire.

Ma forse dovrei spiegarvi di cosa sto parlando

L’EIT Digital è un incubatore europeo che investe sull’innovazione digitale, proponendo un modello sostenibile, inclusivo e giusto (orribile traduzione di “fair”). Non è un caso che ci siamo trovati a collaborare, basandoci sui medesimi valori, investendo nella ricerca e sulle nuove generazioni.

All’interno della sua cornice, l’EIT Digital organizza ogni anno una Summer School in collaborazione con l’Università di Bologna  – beh quasi ogni anno, quello passato sappiamo tutti com’è andato (Covid-19, anyone?).

Forti di un anno davanti al monitor, e con tempo a disposizione per pensarci bene, nel 2021 hanno organizzato una school totalmente digitale e remota, connettendo per la prima volta anche paesi extraeuropei come Cina e Perù.

Scopo finale è creare una community di ragazzi che imparino a lavorare assieme, studiando e implementando casi di business nell’ambito dell’industria 4.0 e cercando soluzioni digitali innovative.

Diverse aziende del territorio emiliano-romagnolo hanno partecipato proponendo casi di business e rendendosi disponibili come tutor e coach, aiutando e ascoltando i ragazzi dei vari team. Tra queste anche Imola Informatica, altrimenti non sarei qui a scriverne.

È sempre affascinante come le casualità si intreccino per darti alla fine un disegno sensato. Imola Informatica aveva appena deciso di investire in un piccolo editore, la cui missione è migliorare e semplificare la catena produttiva e distributiva dei libri (fisici), cercando strade da un lato più vicine al lettore e, dall’altro, più interessanti per l’autore, accorciando le distanze.

 

Quale caso migliore a tema industria 4.0 da proporre alla Summer School? Un punto di vista fresco da parte dei lettori più giovani è sempre interessante, chi meglio di loro può sapere come e quando preferiscono leggere? E chi più di loro ha la sensibilità necessaria per capirne anche il valore di ecosostenibilità? Il delitto era perfetto.

Inizia così l’esperienza diretta coi gruppi di lavoro, prepari il caso di business, lo racconti, lo sottoponi ai ragazzi e speri che qualcuno lo scelga. Speri che almeno un gruppo sia interessato al tuo caso: mica puoi aver fatto una presentazione che non piace a nessuno.

Fortunatamente due team scelgono la nostra proposta e penso che forse abbiamo intercettato un bisogno. Non direttamente legato al libro in sé, ma più strettamente legato al grande dilemma che attanaglia tutti quelli sotto i 50 anni: morirò di vecchiaia o a causa dell’inquinamento e del cambiamento climatico?

Scopriamo infatti che quello che ha incuriosito i due team va oltre la proposta tecnologica e la muova esperienza digitale, ed è la diminuzione dello spreco di risorse. Entrambi i team, infatti, hanno focalizzato la propria presentazione sulla sostenibilità, tema tanto di moda quanto reale. Anche per un piccolo editore una catena produttiva e distributiva diversa è possibile e permette di non sprecare il 40% della carta stampata, che immancabilmente in tutto il mondo, finisce probabilmente al macero. Ogni soluzione era corredata da un modello di business funzionante e da uno studio approfondito dell’esperienza da offrire ai potenziali clienti.

Menzione speciale, in tutto questo progetto, va a Peter Langela, il patron dell’EIT Digital, conosciuto per caso a metà progetto, in una serata bolognese a base di aperitivi alcolici. Nella migliore tradizione di Carramba che sorpresa (pace all’anima della Carrà) scopro che la persona con cui sto condividendo una bottiglia è anche la persona con cui sto lavorando senza saperlo.

Ci ritroviamo così alla giornata finale, assieme, nei locali dell’Università di Bologna, per ascoltare le presentazioni finali e, tramite una giuria composta da docenti universitari, decretare un vincitore.

Mi piacerebbe poter dire che uno dei due team che ha scelto il caso d’uso di Imola Informatica ha vinto, ma purtroppo così non è. Mi metto l’animo in pace perché, alla fine, ho imparato molto di più di ciò che ho dato, ho visto persone con 15 anni in meno di me avere idee brillanti e collaborare a distanza senza barriere culturali o linguistiche.

Sarete curiosi invece di sapere chi ha vinto

Un progetto che se lo meritava. Un sistema di tracciamento per gli operai che risolvesse un problema di sicurezza e accesso ai macchinari. Vincente perché utile, realizzabile e con un modello di business solido.

Tra una presentazione e l’altra si è fatta sera, lascio la stanza virtuale col sorriso e la felicità di aver visto ragazzi di 25 anni che collaborano per costruire modelli lavorativi e imprenditoriali nuovi.

Un ringraziamento particolare a Peter Langela (keurlangela.nl), all’Università di Bologna e, ovviamente, a tutti i Luca del mondo.

In realtà non volevo fare l’informatico, ma mi piace l’innovazione tecnologica. Mi diverto a fare sviluppo del business. Colleziono sintetizzatori.