“Una cronistoria aneddotica delle macchine e degli uomini che hanno segnato la storia dell’informatica” sembra una frase innocua, che ben si presta a descrivere una presentazione sulla storia dell’informatica. Eppure le persone più attente potrebbero notare una parola specifica, “uomini”, e chiedersi: ma le donne?
Non ci sono donne che hanno segnato la storia dell’informatica?
Il contributo femminile all’informatica è molto più ampio di quello che si potrebbe pensare e non si limita alle già famose Ada Lovelace, Grace Hopper, Margaret Hamilton.
Scoprire questo contributo non è un’impresa facile: la maggior parte degli articoli in merito si limita a citare le informatiche già più famose, tralasciando figure meno note che diventano così ancora più difficili da scoprire.
Ada Lovelace è un punto fisso da ricordare: è la prima programmatrice della storia, considerata tale per aver scritto il primo algoritmo per il primo computer della storia, la macchina analitica di Charles Babbage.
Paradossalmente oggi programmare è visto, a torto, come un lavoro da uomini, ma dopo Ada Lovelace, e per la prima parte del ‘900, programmare è stato considerato un lavoro da donne. Gli ingegneri uomini preferivano concentrarsi sul ragionamento di alto livello, mentre definire ed eseguire i calcoli per sostenere tali ragionamenti era lasciato alle donne.
In questa tipologia storica di programmatrici si possono ricordare Elizabeth Holberton e Dorothy Vaughan.
Holberton è stata una delle sei “ragazze del frigorifero”: programmava l’ENIAC e insieme alle sue colleghe era rappresentata nelle immagini promozionali del progetto, come le modelle nelle pubblicità dei frigoriferi.
Vaughan lavorò alla NACA (National Advisory Commitee for Aeronautics, in seguito diventata NASA) prima come calcolatrice umana e poi come programmatrice, dopo aver imparato a programmare in FORTRAN prendendo di nascosto libri dalla biblioteca: da afroamericana, non avrebbe potuto prenderli in prestito in modo legittimo.
Holberton e Vaughan oggi sono figure relativamente note, grazie ai film girati su di loro (rispettivamente, “Top Secret Rosies: The Female “Computers” of WWII” e “Hidden Figures”), ma rimangono sconosciute ai più.
Alcune donne sono invece note e ricordate per motivi estranei all’informatica: è il caso di Hedy Lamarr, attrice di Hollywood, considerata la donna più bella del mondo, coautrice di un brevetto per la guida a distanza di siluri che ha definito alcuni dei principi oggi alla base di Bluetooth e GPS.
Lamarr, il cui vero nome era Hedwig Eva Maria Kiesler, aveva una grande passione per la recitazione, tanto da falsificare la firma della madre per poter fare la segretaria di edizione a 16 anni. Contemporaneamente, nel proprio tempo libero, portava avanti una rilevante attività inventiva, pur non avendo nessuna educazione formale in merito.
A differenza di Lamarr, per cui la recitazione rimase sempre la principale attività, una ventina di anni dopo Elizabeth Feinler scelse di abbandonare la propria carriera in ambito biochimico per dedicarsi all’informatica, dopo essere rimasta affascinata dalle tecniche per la gestione di grandi quantità di dati. Nel corso della sua carriera Elizabeth Feinler arrivò a essere responsabile del NIC di ARPANET.
Cercare informazioni su Elisabeth Feinler mostra come in alcuni casi il ruolo delle donne nell’informatica venga “cancellato”: sulla pagina di Wikipedia (inglese) relativa al NIC è indicato come responsabile Jake Feinler, nome che farebbe pensare a un uomo, ma in realtà “Jake” era il soprannome di Elizabeth Feinler!
Oltre a queste “cancellazioni”più o meno volontarie, più o meno legittime (talvolta dovute dall’applicazione del segreto militare), storicamente l’attività delle donne in ambito informatico è stata influenzata dall’esistenza del cosiddetto “soffitto di vetro”, che pone un invisibile limite alle posizioni di potere raggiungibili dalle donne.
La storia di Evelyin Berezin lo mostra chiaramente: autrice di uno dei primi sistemi per le prenotazioni aeree, che utilizzava tecniche al tempo innovative per garantire la continua disponibilità del servizio, si vide negato un incarico presso la borsa di New York (per cui era una delle poche persone abbastanza qualificate) in quanto donna.
Nel corso della sua carriera realizzò presto che non sarebbe mai riuscita a raggiungere posizioni di potere nelle imprese per cui lavorava e perciò fondò la propria azienda, acquisendo quel ruolo manageriale cui tanto ambiva.
Si potrebbe dire che il soffitto di vetro con il tempo si è indebolito, se guardiamo esempi come Mitchell Baker e Safra Catz, rispettivamente CEO di Mozilla Corporation e CEO di Oracle Corporation. Ma purtroppo è ancora presente, come si può notare osservando la percentuale di donne manager in grandi aziende.
Osservando le percentuali di laureati e laureate in ambito informatico, la disparità è chiara: ben più del 70% dei laureati informatici è uomo. La situazione non è cambiata così tanto da quando Radia Perlman, l’ideatrice dell’algoritmo alla base del protocollo spanning tree, frequentava il MIT negli anni ‘80: le studentesse erano così poche che le faceva strano vederne una.
Oggi, complici le lezioni online, vedere più di 5 o 6 ragazze in aula per un corso di una laurea in ambito informatico è quasi un evento di cui prendere nota.
La scarsa presenza femminile in ambito informatico perdura nonostante sia evidente dalle statistiche che le ragazze siano portate tanto quanto i ragazzi per le materie scientifiche. Una motivazione proposta per tale disparità è che, pur essendo portate per le materie scientifiche, le ragazze siano più portate per altri ambiti di lavoro e che questi ultimi vengano preferiti. Seppur possibile, considerarla l’unica motivazione ignorerebbe il ruolo che le pressioni sociali e culturali hanno sulle scelte delle bambine, delle ragazze e delle donne in merito al loro futuro: una bambina che volesse un gioco “da maschio” perderebbe presto interesse se le fossero continuamente proposti altri giochi “da femmina”. Una ragazzina potrebbe sentirsi obbligata a iscriversi a una scuola diversa, nel caso i genitori disapprovino la sua scelta.
In questo senso, rendere note le donne informatiche del passato (e del presente) mostrerebbe a tutti, dai più piccoli ai più grandi, che l’informatica è (anche) roba da donne.
Per approfondire
La mia presentazione al Lunch&Learn: “Dalla macchina analitica ai Bitcoin. Una cronistoria aneddotica nel corso dei secoli sulle donne che hanno segnato la storia dell’informatica”.